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RINNOVO TACITO DEI CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI DELLA P.A.

Con sentenza del 10.01.2023 il Tribunale Ordinario di Perugia ha deciso una controversia sorta tra un’associazione sportiva e un Comune, patrocinato dall’Avv. Amici, riguardo la cessazione di un contratto di locazione di un terreno di proprietà pubblica.

Dopo aver già avviato da alcuni anni le proprie attività sull’area, l’associazione sportiva presentava domanda all’Ente di ampliamento della superficie utilizzabile, così da garantire una maggiore efficienza dell’intero impianto sportivo. L’Ente accoglieva la richiesta fissando con atto formale i termini e le condizioni di affidamento in gestione all’associazione sportiva dei terreni di proprietà comunale.

In seguito, all’associazione veniva contestata la violazione dei patti contrattuali per aver realizzato dei manufatti abusivi e veniva intimato alla stessa di lasciare il terreno per scadenza dei termini contrattuali.

L’associazione presentava così un ricorso per annullare le diverse decisioni dell’Ente. Nei motivi di doglianza presentati di fronte al Tribunale Ordinario territorialmente competente, la ricorrente invocava l’avvenuto rinnovo tacito del contratto e la sua vigenza ed enefficacia della disdetta comunale

La questione controversa era costituita dalla avvenuta scadenza del contratto, contemplata in un’espressa previsione, aspetto a cui andava aggiunta la mancanza di qualsivoglia clausola di rinnovazione, né espressa, né tacita, e altresì la mancanza di comportamento concludente dell’Ente, che, invero, aveva manifestato volontà contraria.

Secondo una giurisprudenza risalente della Corte di Cassazione, la rinnovazione non potrebbe desumersi dalla sola permanenza del conduttore nella disponibilità dell’immobile dopo la scadenza o dalla circostanza che il locatore abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente domanda di rilascio, dovendo tali fatti essere qualificati da altri elementi idonei a manifestare in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locativo (Cass. Civ., sez. III, 7.12.2017, n. 29313; Cass. Civ., sez. III, 21.11.2011, n. 24456).

Il Tribunale adito ha respinto la domanda proposta dall’associazione ricorrente, non tanto per aver escluso la rinnovazione tacita, ma in accogliamento alla domanda riconvenzionale proposta dall’Ente, che aveva comunque comunicato disdetta in tempo utile

Il Tribunale ha recepito sul punto il più recente orientamento della giurisprudenza amministrativa e civile, dichiarando risolto il contratto di concessione d’uso d’immobile per intervenuta disdetta nei termini contrattuali, ma specificando che “anche nel caso di contratti di locazione in cui sia parte una Pubblica Amministrazione, è applicabile l’istituto del rinnovo tacito.”

Ciò in quanto l’istituto in questione non richiede alcuna espressa previsione nel contratto originario, trattandosi non di una manifestazione tacita di volontà della P.A., bensì, di un effetto derivante direttamente dalla legge, superandosi così il fatto che la volontà dell’amministrazione pubblica debba sempre manifestarsi con la forma scritta (C.d.S., sent. 433/2020).

La pronuncia del Tribunale si inserisce in un filone interpretativo condiviso anche dalla più rcente giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Con Ordinanza del 12.04.2023, la Suprema Corte, infatti, ha ribadito il principio secondo il quale “ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, ai sensi dell’art. 42 l. n. 392 del 1978, trova applicazione il tacito rinnovo alle scadenze successive alla seconda, previsto dall’art. 28 l. 392 del 1978, atteso che l’operatività di tale meccanismo non è incompatibile con il principio secondo la quale la volontà della P.A. deve essere necessariamente manifestata in forma scritta, dovendosi ritenere che l’obbligo di tale forma, assolto ab origine con la stipulazione del contratto, validamente permanga e continui a costituire il fattore genetico anche per i sessenni successivi, in difetto di diniego di rinnovazione da parte del locatore, ovvero di disdetta da parte del conduttore alla prima scadenza, o ancora di disdetta, ad opera di uno dei contraenti, alle scadenze successive”.


STABILIZZAZIONE DEI PRECARI.  DIFETTO DI GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

Con sentenza del Tar Umbria n. 279 pubblicata il 18 maggio 2023, in un giudizio in cui l’Avv. Amici ha patrocinato l’ente pubblico, è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice del lavoro in caso di controversia avente ad oggetto la stabilizzazione del personale precario ex art. 20, co. 1 e 11, del d. lgs. n. 75/2017.

A seguito della pubblicazione, da parte di un’azienda sanitaria, dell’avviso pubblico di stabilizzazione, corredato dai requisiti necessari di partecipazione, la ricorrente aveva presentato la propria domanda di partecipazione alla procedura. Tuttavia, quest’ultima è risultata priva del requisito necessario dell’iscrizione all’Albo dell’Ordine delle professioni infermieristiche. A seguito della sua esclusione dalla procedura, la ricorrente ha quindi impugnato il provvedimento di esclusione.

Il TAR adito, in adesione all’eccezione sollevata dall’ente, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in coerenza con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia. Il Collegio, in particolare, richiama la sentenza delle Sezioni Unite n. 40953 del 21 dicembre 2021, ove viene illustrata la distinzione tra le tipologie di procedure di stabilizzazione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 20 del d. lgs. n. 75/2017.

La procedura di cui al comma 1 (quella oggetto del caso di specie), “prevista al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato (…) non è una procedura concorsuale”, e individua piuttosto “un percorso per l’assunzione in presenza di determinati requisiti (oggettivi e soggettivi)”. La procedura di cui al comma 2, invece, integra una procedura concorsuale, dovendo identificarsi, in senso restrittivo, come tale solo quella procedura “caratterizzata dall’emanazione di un bando, dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria di merito, la cui approvazione, individuando i vincitori, rappresenta l’atto terminale del procedimento preordinato alla selezione dei soggetti idonei”.

Il TAR Umbria, riportando altre pronunce della Corte di Cassazione, ha precisato ulteriormente che siano pacificamente da considerarsi procedure concorsuali “sia le procedure connotate dall’espletamento di prove stricto sensu intese, ma comunque libere nella modalità, purché la procedura concreti una selezione tra diversi aspiranti” (v. Cass., SS.UU., 8 maggio 2007, n. 10374); sia i concorsi per soli titoli (v. Cass., SS. UU., 1 marzo 2006, n. 4517)”, escludendo perciò dalla categoria le assunzioni effettuate a seguito di diverse tipologie di procedimento, come le assunzioni dirette o le procedure di mera verifica di idoneità dei soggetti, “giacché il possesso dei requisiti e l’idoneità si valutano in termini assoluti, senza originare una graduatoria di merito”. Il T.A.R., in completa aderenza alla giurisprudenza della Suprema Corte, ha ritenuto dunque che nella vicenda per cui è causa, nella quale la fattispecie ha ad oggetto la procedura di cui all’art. 20, co.1, “non è prevista alcuna procedura concorsuale, bensì esclusivamente un percorso assunzionale, che (…) riguarda dipendenti già reclutati a tempo determinato”, cosicché l’oggetto della controversia riguarda una procedura non concorsuale, non essendo l’ente pubblico chiamato ad una selezione di candidati.

Di conseguenza il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed è stata disposta la remissione delle parti di fronte al giudice del lavoro. La pronuncia del Tribunale Amministrativo umbro si inserisce in un filone giurisprudenziale di altri Tar, come da ultimo Tar Lombardia, sez. III, 23.1.2023, n. 208 e TAR Lazio, sez. I – Latina, 24.10.2022, n. 8240